Prima di fare "copia" e "incolla"

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Scrivere i contenuti di queste pagine è un lavoro molto impegnativo: c'è uno sforzo di memoria, di attenzione nello scrivere il dialetto in maniera precisa e un sacrificio di tempo. Tutto questo lo facciamo per non mandare perse tutte quelle "cusarelle" della nostra terra. Grazie per la collaborazione.

martedì 4 settembre 2012

La salsa



Quando arrivava agosto i pomodori erano maturi e in tutte le case le donne s’affrettavano a preparare le bottiglie per fare la salsa: rossa, densa, profumata da ciuffi di basilico che con dovizia le mamme coltivavano nei vasi sui balconi dandoci molta acqua affinchè esso crescesse bene.
Per i bambini era una festa. Non si rendevano conto che spesso intralciavano il lavoro dei grandi e così, per farli contenti, venivano impegnati a mettere le foglie di basilico nelle bottiglie prima che queste venissero riempite di salsa. Bisognava infilare le foglie e poi spingerle fin giù col manico di una cucchiaiella di legno, altrimenti facevano da tappo alla salsa bollente che veniva rigurgitata dal collo della bottiglia provocando le urla delle donne!
Un altro impegno dato ai bambini più grandicelli era quello di andare in qualche cantiere nelle vicinanze a raccogliere pezzi di scarto di tavolette da carpenteria per accendere il fuoco. Ce ne volevano abbastanza per compiere tutto il lavoro, ma i ragazzi erano entusiasti e con diversi viaggi riuscivano a portare diverse tavolette.
In tutto questo c’era anche un loro tornaconto poiché nei cantieri potevano raccogliere anche molti chiodi sfuggiti di mano agli operai. Ai ragazzi quei chiodi servivano per costruirci la capanna, assemblando insieme le tavolette migliori che riuscivano a trovare, oppure per farci le cosiddette “carrozzelle” usando anche i cuscinetti dei freni delle autovetture. Con queste carrozzelle si lanciavano in gare spericolate per le discese del quartiere. Altro che biciclette o  macchinucce elettriche di oggi!!!
Fare la salsa era un rito. Basti pensare che quando i pomodori venivano passati con la macchietta che separava le bucce dalla polpa, un po’ di succo di pomodoro veniva messo da parte per cucinare il giorno stesso e assaggiare com’era venuto.
Quando tutte le bottiglie di salsa erano ben tappate e passate sotto la supervisione di un uomo, venivano poste in un contenitore che le accogliesse tutte per passare alla fase della bollitura necessaria per garantirne la sterilizzazione e la conservazione.


Quando verso sera le bottiglie avevano finito di bollire, sotto il fusto della caldaia (la chettora) rimaneva la brace su cui si arrostivano i granturchi procurati con qualche scorreria nel campo più vicino; oppure si arrostivano le patate, che pure erano profumate e gustosissime.
Questi racconti fanno forse ridere i ragazzi di oggi che dispongono di tutto e non sanno cosa significa desiderare o semplicemente darsi da fare per ottenere qualcosa, ingegnarsi insomma.

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